15 Ottobre – Giornata internazionale del lutto perinatale
Come ogni anno, il 15 ottobre è la giornata dedicata alla sensibilizzazione sul tema del lutto perinatale (neonati perduti in gravidanza o perduti poco dopo la nascita, anche prematura).
Un dramma che ho subito in prima persona e che colpisce molte famiglie, si stima 1 su 6 in Italia.
Vorrei cogliere questa giornata per analizzare come si comporta il nostro Paese sulle nascite pretermine, che hanno una incidenza non banale sul totale delle nascite.
Premessa
Come molti sapranno, la spesa in sanità pubblica nel nostro Paese negli ultimi 23 anni è cresciuta nominalmente da 68 a 131 miliardi di euro, ma al netto dell’inflazione l’incremento si è assestato al 19%. Se guardiamo solo gli ultimi 10 anni, escludendo il picco dovuto al Covid-19, il valore reale di spesa è stato stazionario, con una previsione in calo fino al 2025[1].
Gestione delle nascite pretermine in Italia
Dei 420.000 nati in Italia nel 2019, le nascite pretermine hanno riguardato il 7,5% [2].
Dall’ultimo report disponibile della Società Italiana di Neonatologia (SIN) del 2020, si evince che dei 411 punti nascita in Italia, solo 118 sono quelli attrezzati con un reparto di terapia intensiva neonatale (TIN) [3].
A livello di personale sanitario, nel 57% dei punti nascita oggetto dell’indagine, è risultato che ogni infermiere deve occuparsi contemporaneamente da 3 a 6 bambini, soprattutto nei turni notturni [4].
Inoltre, dall’indagine risulta che solo il 36% dei reparti dispone di una cartella clinica informatizzata [5], con tutti i rischi di errori umani involontari che conseguono ad una gestione cartacea o comunque senza supporto informatico.
E’ superfluo ricordare che avere infrastrutture adeguate e personale sufficiente (e preparato) si tratti di una questione vitale per i bambini gravemente immaturi (il 12% delle nascite pretermine ha meno di 32 settimane [6]) o gravemente sottopeso, i quali devono essere ricoverati in TIN. La mortalità neonatale in Italia nel 2019 è stata pari a 1,7 bambini ogni 1000 nati vivi [2].
Molti reparti di TIN non assistono neonati che hanno bisogno di chirurgia maggiore (48%) o di interventi cardiochirurgici (87%) e ciò richiede, verosimilmente, il trasferimento dei neonati ad altri centri dotati di TIN e di un servizio di Chirurgia/Cardiochirurgia Neonatale [7] con tutti i rischi e il disagio provocato da tali trasferimenti.
Conclusioni
Le TIN, pur essendo una questione regionale come tante questioni sanitarie, richiede però un’attenzione particolare da parte del governo in un momento di scelte su possibili tagli alla sanità, sulla volontà manifestata tempo fa di rinunciare a diversi miliardi del PNRR ma con la simultanea volontà di aiutare le famiglie italiane a fermare il declino demografico.
Delle due l’una. O decidiamo di dedicare la manovra finanziaria alla sanità pubblica, pilastro della nostra società, oppure il governo dovrebbe dichiarare apertamente come la sanità pubblica non sia una priorità, ma solo un calderone dove i soldi pubblici vengono bruciati per favorire la “più efficiente” sanità privata.
Certo, ci sono tanti altri progetti in cantiere, come il Ponte sullo Stretto, questione di priorità. E di etica.