Difesa Ambientale
E’ cronaca di questi ultimi mesi le azioni di giovani ambientalisti che per protesta imbrattano opere d’arte, senza causare danni. Ultimo caso a Roma ieri 4 Novembre, quando hanno preso di mira un Van Gogh, ma si tratta comunque di un fenomeno internazionale.
Qual è lo scopo, dichiarato, di queste proteste?
Sensibilizzare verso il riscaldamento globale e l’uso dei combustibili fossili. Però non è una “semplice” protesta di piazza, mi sono domandato: che cosa c’entra l’arte? Forse un tentativo di attirare l’attenzione.
Ma a che prezzo?
Quanta attenzione hanno attirato verso il tema del cambiamento climatico e quanta antipatia e insofferenza hanno attirato verso gli autori e di riflesso verso ciò che rappresentano?
Il rischio è ottenere una forte polarizzazione delle opinioni verso un tema che non deve avere niente di ideologico o di sentimentale.
Non so se ci sia una regia dietro questi eventi, però penso che questa strategia sia da rivedere.
A mio parere, attaccare la cultura per far emergere le proprie ragioni è un esempio di Cancel Culture, alla pari di abbattere le statue di Cristoforo Colombo. Per me è un’azione scellerata.
La vera difesa ambientale si fa con politiche coraggiose che guardano all’ambiente come punto cardine della vita dell’essere umano, di oggi e del futuro.
Fare azioni di protesta fine a sé stesse non servono a raggiungere l’obiettivo politicamente e, come se non bastasse, lo allontanano dalle persone.
Cosa farei io al posto di imbrattare opere d’arte?
Se fossi una persona chiamata a parlare ad un evento dell’Onu sul clima, ad esempio, esporrei il mio pensiero sul tema offrendo dei punti mirati su cui lavorare che abbiano obiettivi concreti e misurabili.
Ecco il mio pensiero.
Difesa Ambientale
Gli ecosistemi naturali vanno protetti. Il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e il crescente consumo del suolo per coltivazione, sono un pericolo reale che danneggia direttamente e indirettamente tutti noi.
La febbre del nostro pianeta non si combatte con il bonus climatizzatori, installati anche a quote sempre più elevate, ma si combatte creando aree protette terrestri, anche allo scopo di preservare la biodiversità che è in reale pericolo.
Obiettivo #1: scienziati stimano che serva più del 40% dell’area mondiale terrestre per riuscire a tutelare la biodiversità allo stato attuale. Di conseguenza l’obiettivo per l’Italia dovrebbe essere quello di quadruplicare l’area attualmente tutelata di 3 milioni di ettari, portandola a 12 milioni di ettari.
Un’ulteriore azione di responsabilità ambientale dello Stato sarebbe quello di stroncare il “business dei Canadair” che combattono gli incendi, i quali sappiamo essere quasi tutti di origine dolosa. Ogni volta che un Canadair si alza in volo paghiamo € 15.000 l’ora all’azienda privata che si è aggiudicata l’appalto.
Non importa se i privati siano più efficienti o meno nella gestione dei velivoli, ma ciò che importa è la tutela del territorio ed eliminare ogni possibile ambiguità. E’ indispensabile potenziare la flotta area pubblica sotto l’egida dei Vigili del Fuoco e l’estensione delle competenze dei Carabinieri Forestali.
Obiettivo #2: riduzione dei danni da incendi boschivi. Nel 2021 sono andati in fumo circa 160.000 ettari.
Anche il mare deve essere protetto e il sistema marittimo va fatto riprodurre grazie ad una pesca sostenibile.
Creare nuove aree marittime protette, a cui applicare il divieto assoluto di pesca, e periodi di fermo biologico stabiliti a livello nazionale, senza deroghe regionali. I sussidi di fermo pesca obbligatori dovranno essere erogati con un minimo di € 30 al giorno di indennità, con copertura garantita per tutte le richieste ammissibili.
La difesa della biodiversità marina può valere l’ammontare dei sussidi a carico della collettività, prendendo esempio per l’anno 2021, cioè circa 15-16 milioni di euro.
Queste imposizioni sarebbero concordate periodicamente con un Comitato Tecnico Scientifico super partes che avrebbe il compito di monitorare scientificamente la situazione e motivare le decisioni. L’obiettivo è anche quello di contribuire a far riprodurre i predatori naturali di meduse che stanno invadendo il Mediterraneo, oltre allo scopo di preservare la biodiversità.
Applicare pene più severe ai pescatori che non rispettano le aree protette ed i periodi di fermo biologico. E ai pescatori che distruggono gli ecosistemi usando sistemi illegali, come fare la pesca a strascico sotto costa, o chi usa reti da pesca con maglie troppo strette.
La pena per costoro non dovrebbe essere il carcere o una multa. La pena meritevole dovrebbe essere il lavoro di pubblica utilità allo scopo di rieducare al senso di comunità: periodi da dedicare in centri di recupero per tartarughe marine, lavorare per la pulizia della plastica dai mari o dalle spiagge, o fare il recupero in mare delle reti da pesca da loro stessi abbandonate.
Lo Stato deve assistere dando incentivi e supporto formativo ai pescatori che non riescono a sostentarsi con la pesca e vogliono cambiare mestiere.
Infine, si deve potenziare adeguatamente la Guardia Costiera per poter monitorare con più attenzione il patrimonio marittimo italiano.
Obiettivo #3: stanziare annualmente almeno 20 milioni di euro per i sussidi necessari al fermo pesca obbligatorio. Aumentare la superficie marina protetta portandola a 6 milioni di ettari (dai circa 3 attuali). Raddoppiare le pene per la violazione delle leggi che regolano la pesca.
Questione energetica. Non sono un fan della illusoria “decrescita felice” propinata da oratori poco intelligenti. E’ un fatto che l’uso di energia elettrica vada di pari passo con il nostro benessere economico e non credo che la soluzione corretta sia ridurre i consumi in modo indiscriminato allo scopo di “salvarci” dai cambiamenti climatici.
La verità è che per combattere il continuo aumento di temperatura terrestre dobbiamo cambiare il modo in cui produciamo energia elettrica, passando dall’uso di fonti fossili ad altro che non emetta, o emetta in modo decisamente inferiore, gas serra.
Purtroppo a causa di chiacchiere infinite da parte di politici inconcludenti, ricorsi giudiziari contro installazioni di impianti eolici e fotovoltaici, proteste contro impianti solari termici, siamo arrivati ad un punto di non ritorno.
L’energia nucleare sembra ormai necessaria nel nostro mix energetico nazionale come unica via urgente per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 (emettere tanta CO2 quanta ne assorbe il nostro territorio).
Come siamo arrivati oggi a discutere della possibilità di andare contro la volontà popolare espressa con due referendum?
Decine di anni di menefreghismo e irresponsabilità ambientale, da parte anche dei partiti che si autodefiniscono sensibili all’ambiente e che hanno governato senza intervenire in modo decisivo sulla materia.
Siamo quindi costretti a dar vita al secolo nucleare italiano?
La proposta di Azione ci dice che siamo arrivati ad un punto di non ritorno che, per combattere i cambiamenti climatici, ci costringe ad utilizzare la divisiva soluzione nucleare anche se personalmente non sono convinto, perché non ritengo sia un modo di produrre energia responsabilmente.
Obiettivo #4: i miei dubbi sulla necessità relativa al nucleare sono esposti in questa pagina insieme a potenziali obiettivi da raggiungere.
Conclusioni
Il profitto e la convenienza economica non possono essere l’unica stella polare delle nostre scelte.
La tutela del patrimonio naturale e la solidarietà generazionale invece si, devono avere un peso determinante.
Parliamo di pensare ai giovani e alle prossime generazioni ma nei fatti non lo facciamo.
E’ ora di agire e dimostrare con i fatti che pensiamo al futuro.
Ultima modifica di questo articolo: 5 Novembre 2022